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26 giugno 2024
C’è un mare dentro di noi che può essere impetuoso e scuote fino al midollo oppure può essere calmo. Quel mare sempre in cambiamento rappresenta il nostro stato emotivo. Le onde (altissime che trascinano tutto ciò d’innanzi a loro oppure apparentemente ferme) sono le nostre emozioni.
Quando c'è alta marea (come nei momenti di sconforto) ci possiamo sentire sopraffatti. La cosa migliore da fare non è sempre remarci contro cercando di governarle e prenderne il controllo.
Diventare buoni marinai delle nostre emozioni significa avere lucidità mentale, cioè essere consapevoli di noi stessi, del nostro atteggiamento e delle possibilità che abbiamo per fronteggiarle. Possiamo sempre scegliere con quale approccio affrontare una situazione, ed è come cavalcare un’onda. Ricordandoci che la via migliore è di navigarci al di sopra dolcemente, in modo da non schiantarci e perdere il controllo della nave.
Noi non siamo né le onde, né l’imbarcazione, ma siamo il cambiamento.
Anche se potrebbe sembrare una contraddizione, quando smettiamo di "comandare" o di fare pressione sulle cose affinché vadano come vogliamo, diventiamo consapevoli di avere delle scelte (soprattutto emotive!). Accettare che le cose non devono andare a modo nostro.
Una delle principali cause di ansia e stress è che spesso mettiamo tanta pressione su noi stessi o sugli altri per far sì che le cose accadano nel modo in cui vogliamo, creando aspettative travolgenti che spesso danneggiano noi e le nostre relazioni.
L’unica cosa da fare è lasciar andare il nostro bisogno di avere il controllo sulla realtà, accettare lo stato attuale delle cose. Questo non significa arrendersi, e neppure di non voler tentare di migliorare la situazione.
Possiamo avere varie aspettative
Si possono avere diverse tipologie di aspettative:
ASPETTATIVE SUL RISULTATO DI UN CERTO EVENTO ESTERNO
Quando arrivai per la prima volta a Delhi mi ritrovai in una situazione nuova. Sembrava come se l’India intera mi venisse addosso, d’impatto. Appena uscii dall’aeroporto di Delhi mi diressi a uno dei mercati più importanti della città; fu un’esperienza selvaggia. Centinaia di clacson continuavano ininterrottamente a entrarmi nelle orecchie, l’aria era super inquinata e puzzava da morire, e le sporche strade straripavano di persone, macchine, rickshaw, mucche, mendicanti e venditori.
Non c’era mezzo secondo di pace. Insomma, una situazione non semplice da gestire. In realtà non c’era nulla da gestire se non me stesso. Perdere il controllo e sentirmi stressato oppure arrabbiato era la cosa più istintiva, ma cosa potevo risolvere?! Accettare la situazione cercando di godere il più possibile del momento presente.
ASPETTATIVE SU COSA DOVREBBERO FARE O COME SI DOVREBBERO COMPORTARE GLI ALTRI
Un esempio è di quando in passato io stesso ho cercato di cambiare persone a me care con lo scopo di aiutarle.
Questa ricerca di miglioramento non veniva però da loro e il mio aiuto non era richiesto. Lo sforzo risultava inutile o addirittura peggiorava la situazione. Non potevo io modificare la rotta di qualcun altro, ma il massimo che potevo fare era amare quelle persone con i loro comportamenti, nel bene e nel male.
Si può dare il buon esempio con il proprio comportamento di tutti i giorni, ma di sicuro non dobbiamo imporlo agli altri. Riguardo a ciò, una frase che mi piace molto è la seguente:
“se non riesci ad accettare che altri non cambiano, allora neanche tu stai cambiando”.
ASPETTATIVE SU COSA DOVREMMO FARE O COME CI DOVREMMO SENTIRE
Ricordo bene quelle volte in cui mi sentivo giù di morale, triste, deluso da me stesso e non ne capivo il perché. Pensavo che fosse corretto e naturale dover essere contento, perché non mi sembrava ci fosse nessun motivo apparente per non esserlo. Ci lottavo contro pensando che io non andassi bene in quello stato; ma andare contro corrente non sistema le cose, anzi, le peggiora.
Volevo imporre uno stato emotivo diverso, e la mia parte logico-razionale ricercava un motivo e una soluzione in continuazione, non lasciandomi in pace. Ma non funziona così.
Quando adesso mi capita di essere in quello stato emotivo, per essere un buon navigatore emozionale mi fermo e mi permetto di sentirmi completamente depresso, completamente stanco e spento. Non lotto né con la mia tristezza, né con la mia depressione, né con la mia apatia. In questo modo svanisce, e anche molto più velocemente!
Come se quelle onde mi passassero attraverso e io ne venissi cullato.
Le motivazioni che mi spingono a pormi in quello stato emotivo in realtà le conosco, ma a volte possono essere dentro di me nel profondo, e quindi non essere così chiare o facilmente reperibili. Se voglio davvero risolvere quello stato di sconforto alla radice, allora passo ad alcune tecniche come la meditazione (come concentrarmi solo sul respiro), focalizzando l’attenzione su quello stato e andando sempre di più al mio interno, nella sofferenza.
Oppure con la scrittura: scrivere rimuove un sacco di blocchi emotivi. Scrivendo senza pensare “al cosa” e “al come” né al risultato, ma a flusso di coscienza (o freewriting) mi permetto di accedere a scompartimenti della mente inconscia per farli emergere.
La nostra relazione con i pensieri negativi non deve essere una battaglia. Possiamo abbracciarli. In fondo, sono anche loro parte di noi.
Un tempo cercavo di reprimerli dicendo a me stesso o agli altri: "non preoccuparti", “va tutto bene”. Il vocabolario che infliggiamo alla mente dicendole di "non preoccuparsi" fa parte di un atteggiamento evitante che non dà una soluzione.
Oppure sono venuto a conoscenza di persone che nascondono il proprio vero stato d’animo indossando, per esempio, la maschera della felicità perenne.
Per qualche tempo si può fuggire da quello stato d’animo, ma prima o poi questo verrà a galla, e la situazione sarà più problematica.
Cosa si potrebbe fare?
Se invece di dire “non preoccuparti”, cominciamo a trattare noi stessi con dolcezza e calma, per esempio con un "grazie mille per l'attenzione, ora prendiamocene cura". In questo caso il messaggio che mandiamo alla nostra mente è molto più tranquillante e la mente può assimilarlo in modo positivo e riappacificante.
Anche quando una persona vicina a noi ci chiede come stiamo, non evitiamo la domanda rispondendo automaticamente “tutto bene”, ma cogliamo l’occasione. Parlarne con qualcuno aiuta sicuramente e magari si potrebbe trovare una soluzione in comune. È incredibile la quantità di persone che soffrono o hanno sofferto dello stesso problema.
Ricordati sempre: non sei solo.
L’accettazione è libertà
Noi esseri umani abbiamo un bisogno di cercare di avere il controllo sulla nostra realtà. In verità, quel controllo è un’illusione, in quanto non possiamo realmente controllare ciò che è al di fuori di noi. Abbiamo però la scelta d’interpretazione, cioè di reagire (pensare e agire) in modo diverso rispetto a come abbiamo fatto in passato.
Per istinto di sopravvivenza cerchiamo stabilità e scelte sicure, alleniamo il nostro corpo e la nostra mente a fare le cose sempre in un certo modo creando abitudini. Col tempo, rafforziamo le nostre idee costruendo rigidità. Pensiamo di avere ragione a fare come facciamo.
Diventiamo più rapidi nel pensare o eseguire la stessa cosa e più lenti nell’acquisire nuove prospettive. Diventiamo ostili alle novità.
Creiamo tensioni inutili quando veniamo esposti a nuove situazioni, che potrebbero persino portare ad avere un attacco di panico: nodo alla gola, difficoltà a respirare, per finire in un circolo vizioso di pensieri negativi. In quei momenti si pensa a un solo modo in cui potrebbero essere le cose.
Avere delle aspettative sul futuro significa scontrarsi con una realtà che non sarà mai la nostra, perché che ci piaccia o meno, non va mai come ci aspettiamo. Se invece acquisiamo maggiore consapevolezza e leggerezza dell’essere, evitiamo di venirne sopraffatti restando felicemente a galla in quel mare di emozioni.
Anche in ambito lavorativo si potrebbe pensare che è necessario avere aspettative. In questo caso, il fattore decisivo a cambiare dovrebbe essere il nostro atteggiamento nel caso in cui non venissero rispettate.
Ad esempio, nella tradizione induista si crede che ognuno ha il proprio scopo di vita (dharma) che dev’essere perseguito senza essere attaccati al risultato. Qualunque esso sia.
Expectations, Delusions, Change, Emotions, Control