Capitoli

Tempo di lettura: 3 min

3 marzo 2025

Giorni intensi, altalenanti e tribulanti. Pensieri presenti di attimi passati e futuri mi bussavano alla grande porta della mente interrompendo la quiete tanto ricercata. Mi sedevo incomodo e concentrato sullo spiraglio d'aria che regola il ritmo della vita. L'unica cosa che contava in quei momenti in cui più mi sforzavo e meno avanzavo. "Anicca! Anicca!", l'impermanenza era la grande questione che puntualmente veniva ricordata dallo speaker all'inizio di ogni sessione meditativa.

Un taglio netto sulle distrazioni

Situata al secondo piano del ristoro della struttura ricettiva calabrese, la sala di meditazione mescolava energie curative con brusii cucinieri dei cuochi volontari da sotto. Di certo non la migliore né tantomeno comune situazione per un ritiro spirituale, ma faceva parte della sfida. Se potevo andare nel profondo anche lì allora era fatta, e un buon pasto caldo al termine della sessione mi rincuorava e lasciava andare qualche tensione. Si trattava di effettuare un'operazione chirurgica interiore, precisa e perfetta come il taglio netto di uno chef stellato.

Anche tra di noi c'era del chiasso: colpi di tosse improvvisi, grandi sospiri e calpestii di chi spazientito usciva per prendersi una pausa. Soprattutto da questo lato della sala, quello degli uomini. Sembravamo un gruppo di persone incapaci di star seduti, e mi veniva da pensare che gli orientali non erano poi così stupidi a sedersi a terra.

Photo of the village hotel Marco Polo in Calabria, with a view to the Tirrenic Sea

Vista del villaggio turistico Marco Polo che ospitava il ritiro

Da Anapana a Vipassana

Nei primi giorni durante la meditazione Anapana mi vedevo goffo, con diversi dolori alla schiena e gambe. Erano i cosiddetti "sankhara", impurità emotive immagazzinate nel corpo che affioravano a più non posso. Scomparivano e ne riapparivano di nuovi, e mi sentivo una fontana straripante di questi sankhara.

Per abituarmi alle tante ore seduto, la mia pila di cuscini era ogni giorno diversa. Mi muovevo spesso cercando una combinazione più comoda possibile. Tutto inutile. Ma dal quarto giorno non potevo più permettermelo: la voce registrata del Maestro Goenka spiegava di come il lavoro svolto finora era solamente una "semplice" introduzione. La vera meditazione Vipassana richiedeva fermezza per limitare le distrazioni della mente. La concentrazione doveva passare dal sentire il respiro all'ingresso delle narici a tutto il corpo. La percezione delle sensazioni scaturite da ogni lembo di pelle era l'obbiettivo, ma senza alcun giudizio. L'equanimità era la chiave di volta.

Le sessioni meditative iniziavano puntualmente con i canti della voce rauca di Goenka. Al principio li odiavo, poi decisi di dargli una connotazione più positiva, motivante.
Dopo lo "Staart Agaain" il mio scanner mentale avanzava dalla testa ai piedi, anche se con abbastanza discontinuità. Mi sentivo un vecchio fax non funzionante e mi ingannavo spesso tra frustrazioni o troppa aspettativa di me stesso. La mia analisi sensoriale non era di certo equanime. Puntualmente la mente cadeva in errore ed io osservavo, osservavo e osservavo. Non volevo mollare, non dovevo! Ero lì solo per me, a vivermi ogni attimo di sofferenza e contemplazione del rigido programma proposto.

Dovevo lavorare con determinazione e dopo otto lunghi giorni arrivarono i risultati: finalmente avevo raggiunto il controllo di un flusso di energia libero che percorreva tutto il corpo.

Il bagliore di luce da Piazza del Plebiscito di Napoli, prima di arrivare al ritiro

L'ultimo giorno e la nobile parola

Il giorno più stupefacente fu il decimo, dove terminai l'ultima sessione in lacrime, ma più di tutto perché le porte della parola si aprivano e la stretta divisione dei locali e persone svaniva. La concentrazione su noi stessi passava piano piano anche agli altri, dove ci confrontavamo sulle nostre sensazioni e storie di vita. Conoscendoci vedevo chiaramente il filo conduttore con alcuni di loro e di come i miei preconcetti su di me e gli altri venivano distrutti uno ad uno.

Un altro fattore sconvolgente erano gli occhi: la mia vista non solo era nettamente migliorata ma i colori risultavano più vividi che mai. Tutto questo pareva assurdo. Da alcuni volti vedevo addirittura brillare una luce cristallina, come una magia.

Wow! Uscivo dal ritiro con una presenza più sentita, nuove consapevolezze e uno sguardo di meraviglia. Il chiacchierare della mente a volte placato e mi domandavo se fossi pronto per tornare nella società.

Meditazione, Vipassana, Ritiro spirituale, Italia, Dhamma atala

Vista sulla costa in Calabria

Sensazioni da ritiro di meditazione Vipassana

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